The scripts were rejected, expect the unexpected

giovedì 7 giugno 2012

 Come promesso nel post precedente, la mia prima opera di narrativa, sperando di incontrare il Vostro favore. Se piace e se sarò ispirato in futuro, potrebbero arrivarne delle altre. Chi lo sa.

FUN FACT: il titolo del post arriva da qua
Così, perchè continuo a canticchiarla da diversi giorni. Sono un adorabile psicolabile.


Love Story.

Doveva essere tutto perfetto. Sylvia se lo meritava. D’altronde era la prima volta che vedeva un uomo, dopo Frank..

Frank, che storia sbagliata. Amori di gioventù nati quasi per gioco e proseguiti per abitudine.

Accese le candele, e controllo più e più volte che i bicchieri di cristallo fossero sistemati a dovere: Acqua, vino bianco e vino rosso.

Frank era maniacale su queste cose, l’aveva assillata talmente tanto che questa sua paranoia le era entrata sotto la pelle, diventando parte integrante di lei.

Ma ormai con Frank era finita, bisognava guardare avanti.

Per un attimo andò in panico: il coltello andava posizionato con la lama all’interno o all’esterno? Il cucchiaio da dolce andava messo orizzontale oppure parallelo alle altre posate d’argento? Se Frank fosse stato presente al momento probabilmente sarebbe andato su tutte le furie, come era solito fare. Forse avrebbe persino alzato le mani, come ormai troppo spesso accadeva nell’ultimo periodo.

Ma Frank non era lì, per fortuna. Ora era fuori dalla sua vita. Finalmente.

Sylvia sperava che il suo ospite gradisse l’arrosto. Era una sua specialità, anche se lei ricordava benissimo l’ultima volta che sbagliò a prepararlo. Frank decise di spezzarle un braccio. Ancora faceva male. Il ricordo dell’umiliazione e il sapore salato delle lacrime ancor più della violenza.

Periodi oscuri della sua vita, per fortuna spariti.

Controllò l’orologio. Le 18.30, era ora di iniziare la preparazione della cena. Non voleva farsi trovare in tenuta da cucina all’arrivo dell’ospite, doveva essere tutto perfetto. Doveva fare faville, era il suo ufficiale rientro in società.

Aprì il frigorifero, incrociando lo sguardo della testa mozzata che giaceva al suo interno. Sylvia non parlava più con lui da ormai un sacco di tempo. Probabilmente dal giorno in cui gli aveva piantato il coltello da cucina in gola. Tuttavia, con uno scatto d’orgoglio decise di parlargli. Doveva assolutamente renderlo partecipe della sua rinascita a nuova vita.

“Frank, amore mio. E’ arrivato il gran giorno. Ovunque tu sia, spero ti goda lo spettacolo, figlio di puttana.”

Gli occhi di Frank, ormai appannati dal gelo e dalla formalina, sembravano quasi stupiti da questa presa di posizione, e restavano spalancati incrociando lo sguardo carico d’odio di Sylvia. La quale scoppiò in una risata isterica, spostando con la mano la testa e prendendo un pezzo della gamba di Frank che aveva deciso di conservare per un’occasione speciale.

Con molta calma e canticchiando spensieratamente, pose il quarto umano sul tagliere e iniziò ad affilare il coltello.

Stasera doveva essere tutto perfetto. Doveva andare tutto a meraviglia. Anche il suo ospite doveva essere assolutamente perfetto.

Altrimenti Sylvia sapeva che se le cose non fossero andate ESATTAMENTE come lei voleva che andassero, Frank avrebbe avuto compagnia nel frigo della cucina.



Un lavoro come un altro

L’unica sensazione provata dal tiratore scelto David Red mentre attendeva nella sua postazione in cima al grattacielo era la noia.

Era veramente troppo, troppo tempo ormai che faceva parte del giro. Il mestiere del “cecchino” non è tutta questa pacchia come veniva descritta in caserma.

Certo, le prime missioni entusiasmano. Pura tensione, adrenalina tenuta a bada dalla pazienza e dalla mano ferma, indispensabile per questo sporco mestiere. Ma quando le missioni iniziano ad assomigliarsi tutte quante, è facile farsi prendere dalla routine.

David era abituato alle vessazioni della caserma. “E’ facile starsene appollaiati sui trespoli, non sei costretto a prenderti in faccia le raffiche di mitragliatrice”.

Stronzate. David avrebbe dato entrambi i suoi occhi per poter tornare indietro e scegliere la fanteria. Forse adesso non si sarebbe ritrovato in cima ad un palazzo di New York, per assistere gli inetti della forza di polizia cittadina nel tentativo di fermare colui che si faceva chiamare “Candyman”.

“Tutti quei bambini…perché?”  Era l’unica cosa che aveva pensato David quanto sentì alla radio della polizia che Candyman aveva colpito ancora, e che presto sarebbe tornato all’attacco in un quartiere vicino alla scena del delitto.

David aveva preso particolarmente a cuore questa missione. Candyman era un mostro, attirava bambini dei quartieri più poveri lasciando scatoloni di dolci in mezzo ai parchi, per poi aprire il fuoco da postazioni nascoste sui poveri malcapitati. Andava fermato.

Sì ma che noia.

Il mestiere del Tiratore Scelto consiste principalmente nell’attesa.

Aspetta che gli altri si buttino nell’azione, aspetta che gli altri si prendano il loro momento di gloria.

Aspetta.

E non è detto che tu debba per forza intervenire. David aveva perso svariate giornate in missioni del genere, principalmente quando fu mandato in Iraq. Ricordava ancora le giornate passate sotto il sole, per coprire le spalle dei compagni. Spesso e volentieri, compagni irriconoscenti.

Un lavoro frustrante. Si fottano tutti.

Poteva capitare che lui venisse chiamato in missione solo per copertura, una sorta di garanzia per i veri eroi. Lui era il loro asso nella manica, e normalmente non veniva neanche ringraziato per questo.

Aveva odiato qualsiasi aspetto dell’Iraq. Guerre inutili combattute nelle maniere più sporche da battaglioni di esaltati.

Fanculo. Ora poteva fare del bene. E come al solito nessuno lo avrebbe ringraziato.

E’ una danza nell’ombra, quella del tiratore scelto. Colpisce e sparisce. Non sale agli onori della cronaca, non fa foto con il suo trofeo di caccia.

Compie la sua missione e torna in caserma. Tutto qua.

Nel mirino del suo fidato FR-F1, scorse qualcosa. Finalmente.

Una figura. Che si muoveva in direzione del punto di uscita stabilito.

Ecco la sua occasione, poteva fare finalmente qualcosa. POTEVA SALVARE DELLE VITE.

Premette il grilletto. Il suono sordo del proiettile attraverso il silenziatore faceva scattare in lui un meccanismo di ricordo strano. In questo caso, la faccia dello psichiatra che ai piedi del suo letto d’ospedale sentenziava:

“Shock Post-Traumatico”

L’odore della polvere da sparo e le urla crearono in lui una cascata di pensieri ed immagini.

“Congedare subito, ritirare porto d’armi. Rimpatriare. Processo in patria per omicidio plurimo”

il cumulo di cadaveri di bambini iracheni, durante quella missione a Falluja

“Paziente pericoloso. Manicomio Criminale. Assassino. Congedo con disonore”

La camicia di forza. L’evasione rocambolesca con successiva uccisione dei militari posti a guardia della sua stanza di ospedale

Il recupero del suo fidato fucile FR-F1, sul calcio del quale in un momento di noia aveva inciso un Bastoncino di zucchero candito. Gli erano sempre piaciuti i dolci, fin da bambino.
Gli stessi dolci che sua madre Hellen  gli offriva dopo che suo padre, generale dell’Esercito Americano, in uno dei suoi soliti attacchi d’ira decideva di instillare disciplina nel figlio attraverso la cinghia di cuoio.

Il proiettile centrò il bambino in pieno petto. Altri colpi partirono dal fucile di David, colpendo alla testa e al torace altri quattro ragazzini.

David aveva fallito. Ancora. Non era riuscito a dire no. Non aveva salvato nessuno.

Non era riuscito a fermare la parte oscura della sua anima. La parte oscura che i giornalisti di New York, sempre a caccia del mostro da sbattere in prima pagina, avevano soprannominato Candyman.

Lasciò la sua postazione in cima al grattacielo, sentendo il lontananza il rumore delle sirene.

“Forse domani, forse un giorno.”

 Forse oggi non era ancora pronto a smettere.

Forse si sarebbe salvato da sé stesso, prima o poi.




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